La Paranza: Exilles.


Forte di Exilles


Exilles, Domenica 15 Luglio 2018.
La sveglia martella l’umida stanza della cascina. Sono le 6.30 del mattino e sei ore scarse di sonno non sono bastate per recuperare le forze. Ci alziamo e senza neanche un caffè ripartiamo alla volta della Val di Susa. Dovremo attraversare l’intero Piemonte, verso un posto a me ignoto. Un flebile sole rischiara i campi zuppi della provincia alessandrina. Una piccola coltivazione di girasoli dona un tocco d’allegria alle infinite distese di mais ancora acerbo. L’autostrada si fa monotona, Simone crolla sotto il peso d’una routine sfrenata. Rimango in compagnia del grosso ducato e degli Editors alla radio. Tra uno sbadiglio e l’altro, faccio tappa ad ogni autogrill per bere litri di caffè. Con la tachicardia si fanno vive anche i primi nuvoloni minacciosi. Tre file compatte di camion ci scortano per lunghi tratti, un fiume di gomma e metallo inchioda il tachimetro a 130 kmh. Fossimo stati sulla Carlo Felice a quest’ora saremo solo detriti. 
L’arco alpino ci accoglie tra le sue valli. Il monastero di San Michele ci osserva dall’alto, sonnecchia nella sua carica d’esoterismo. La Val di Susa si fa spazio tra i monti, te ne accorgi dall’aria, dai tetti delle case e dagli slogan NoTav. 
Il susseguirsi di gallerie transalpine fa impazzire il navigatore. Sbaglio lo svincolo e regalo altri otto euro all'Autostrade per l'Italia.  Una stretta statale, tra lavori in corso, boschi da cartolina e una corsa ciclistica scampata per miracolo, ci porta finalmente al Forte d’Exilles. Siamo lievemente in anticipo, un miracolo dopo giorni di ritardi clamorosi.
All’ingresso del forte ci aspetta Federico Vespa con l’intero team del Forte di Exilles. Una squadra efficiente, tirata su per gli eventi organizzati in collaborazione col Circolo dei Lettori di Torino.
Un ascensore panoramico ci salva dal peso di oltre trenta strumenti diversi. Il Ducato è svuotato, le nostre schiene bloccate. 
A causa del maltempo la performance di Simone si terrà al chiuso, nella cappella del forte. Dopo i primi dubbi sull’acustica, la sala viene allestita al meglio. Più di cento persone affollano la platea. Un’affluenza inaspettata, tra curiosi, avventori e credenti in cerca di una lettura evangelica. 
Il concerto inizia in un silenzio tombale, ogni vibrazione e percepibile, gli attoniti spettatori si sbalordiscono al suono di strumenti di cui non conoscevano neanche l’esistenza. Il fluire delle vibrazioni stacca i presenti dal proprio concetto di tempo, dai cellulari e dalla frenesia di un mondo che non hanno scelto ma di cui fanno parte. La musica come strumento di fuga, il corpo come un unico organo sensoriale. Il picco dinamico si fa invadente, crollando in una chiusura inaspettata. La platea applaude per minuti. 
Neanche il tempo di rilassarsi un attimo che dobbiamo smontare l’intera line-up. Fortunatamente riusciamo a cavarcela con uno stanzino poco distante. Si va finalmente a mettere qualcosa sotto i denti. Alla Corte dei Mangioni incontriamo Sara, un’energica mamma di tre figli che ci accoglie e ci sfama a dovere. L’idea di passare la notte nella sua pensione s’infiltra nei nostri piani.
Dopo un po' di relax e una breve ricognizione del luogo, riprendiamo il facchinaggio, caricando il furgone con l’impensabile. Stamane gli strumenti parevano più leggeri. 
Alle sei del pomeriggio prendiamo l’ardua decisione: niente città, stanotte si dorme al fresco tra i boschi di Exilles. per fortuna alla Corte sono rimaste due camere libere. Tra cena e colazione finiamo col consumare quanto mezza squadra di calcio. 
Nella tranquillità crepuscolare, metto mano al drone e esploro un po' i cieli del circondario. 
Tempo permettendo, l’indomani mattina potremmo fare qualche foto e un paio di riprese video. 
Alle dieci e mezzo della sera svengo in una rara pace campestre, qualche cicala e nulla più.

Forte di Exilles

sonosphera

sonosphera

sonosphera


Exilles, Lunedì 16 Luglio 2018.
Il risveglio tra i monti ha quel non so che di liberatorio. L’aria, i suoni, il paesaggio; tutto si mescola in un pacifico buon giorno. Drone e macchina fotografica alla mano inizio le riprese per il nuovo video di Sonosphera. Pesanti nuvole di pioggia offuscano il cielo sul Forte chiuso. La zona è semi deserta. I primi disastri aerei non tardano ad arrivare. Tra ruscelli, panorami mozzafiato e lunghe planate sulla valle, il vento aumenta d’un sol colpo. La batteria del drone non ce la fa più, chiedo soccorso all’auto-return. Salvo per un pelo! Dopo qualche minuto di recupero, cambio batteria e mi inerpico tra i boschi della valle. Un fiume di rapide e acqua cristallina scava i pendii delle montagne circostanti, voglio raggiungerlo. Tra terrazzamenti, liane e fango arrivo finalmente al fiume. 
Candide rocce e alberi rigogliosi bagnati da una corrente impetuosa. Mi prendo il sicuro, registro da terra. 
Non contento del risultato, riaccendo il drone: il disastro. Dopo un semplice decollo, metto la zanzara in posizione. In pochi secondi si disattiva il gps e le quattro eliche scappano tra le cime degli alberi. Disperato, con la certezza che Marco, il mio collega, mi avrebbe ammazzato, cerco di connettere il cervello e trovare una soluzione. Modalità sport ON! Riprendo il controllo. Alzo lo sguardo e noto l’alta tensione pericolosamente vicina a me. Tra sentimenti autolesionisti cerco di limitare i danni. La zanzara non rientra ma rimane sotto il mio controllo solo in una piccola sezione della valle. O l’acqua o gli alberi. grazie a qualche immagine confusa, trasmessa dalla telecamera, trovo un groviglio di liane a bassa quota, mi infilo. Col cuore a mille cerco il giocattolo. Rovi, acqua e pietre non mi mi aiutano. Lo trovo, è intero, a poco centimetri dall'acqua, ma intero. Nella certezza di una scampata lapidazione rientro alla base col cuore nel cervello. 
Appena mi ricongiungo a Simone, riprendiamo a fare cose umane e un po meno pericolose, ci godiamo lo spettacolo d’un luogo magico.

In men che non si dica si fa tardi, ci aspettano per un altro sound check a Torino. L’autostrada ci attende. 

Exilles

terzo paradiso

sonosphera

Andrea Mignogna